Dai “cenci” dell’Artusi agli “stracci” dell’Antonia, martedì 5 marzo, ore 11.35

Scritto da il 4 Marzo 2019

Tante le “variazioni sul tema” di questi dolcetti fritti che, con leggere variazioni negli
ingredienti ma con i nomi più strani, segnano con uno scintillante filo rosso il carnevale
italiano: bugie, cenci, frappe, sfrappe, sfrappole, manzole, crostoli, galani, intrigoni,
lattughe, maraviglias, fiocchi, fiocchetti, stracci … e questo è quello che spesso succede
nelle ricette popolari.
l’Artusi ci dice come fare i “cenci” (ricetta n° 595) e propone alcuni ingredienti che
però io ho leggermente cambiato rendendo la ricetta, probabilmente, più “chianina”.
Ho raddoppiato le dosi, sostituito la grappa con il vinsanto, aggiunto il succo
d’arancia e la buccia del limone … praticamente l’ho stravolta … ma ho lasciato inalterata
la sua esecuzione perché è davvero “poetica”.
Si tratta semplicemente di fare una sfoglia non troppo sottile da tagliare nelle forme
che più vi piacciono, friggere e poi cospargere di zucchero.
Ingredienti
(con queste dosi riusciamo a fare tre bei vassoi di stracci)
500 gr. di Farina 00
4 Uova
50 gr. di Burro
50 gr. di Zucchero semolato per l’impasto
50 gr. di zucchero a velo per spolverare “gli stracci”
1 bicchierino di vinsanto
la buccia grattugiata di un limone
il succo di un’arancia
un pizzico di sale
Esecuzione
Fate con questi ingredienti una pasta piuttosto soda, lavoratela moltissimo con le mani
e lasciatela un poco in riposo, infarinata e involtata in un canovaccio. Se vi riuscisse
tenera in modo da non poterla lavorare, aggiungete altra farina. Tiratene una sfoglia della
grossezza d'uno scudo, e col coltello o colla rotellina a smerli, tagliatela a strisce lunghe
un palmo circa e larghe due o tre dita. Fate in codeste strisce qualche incisione per
ripiegarle o intrecciarle o accartocciarle onde vadano in padella (ove l'unto, olio o lardo,
deve galleggiare) con forme bizzarre. Spolverizzatele con zucchero a velo quando non
saranno più bollenti. Basta questa dose per farne un gran piatto. Se il pane lasciato in
riposo avesse fatta la crosticina, tornatelo a lavorare.

Pellegrino Artusi